Il microbiota intestinale quell’insieme di batteri, virus e funghi, che abita il nostro intestino è stato associato a una miriade di disturbi, incluse alcune patologie che coinvolgono il cervello.
Sempre più evidenze scientifiche dimostrano come il microbiota intestinale e la sua composizione possono influenzare gli stati depressivi.
Sentimenti persistenti di tristezza o mancanza di interesse per gli stimoli della vita ordinaria caratterizzano il disturbo depressivo maggiore (MDD), un disturbo dell’umore vertiginosamente in crescita.
I disordini depressivi maggiori sono i disturbi psichiatrici più diffusi. Tra le cause, ancora del tutto da definire, oltre alla predisposizione genetica sembrerebbe aggiungersi una modificazione del microbiota intestinale.
In particolare, nei pazienti con MDD sono stati riscontrati livelli più alti di 18 specie batteriche, inclusi microbi appartenenti al genere Bacteroides, e livelli più bassi di 29 specie, tra cui Eubacterium e Blautia.
Nel seguente studio riportato su Science Advances, i ricercatori (un team guidato da Jian Yang della Capital Medical University e Peng Zheng della Chongqing Medical University, in Cina) ha analizzato 311 campioni fecali raccolti da 156 persone con MDD e 155 individui sani.
Nei risultati hanno identificato 3 batteriofagi (virus che infettano solo i batteri), 47 specie batteriche e 50 metaboliti fecali la cui abbondanza differiva significativamente nelle persone con MDD rispetto ai controlli sani.
Una maggiore abbondanza di Bacteroides e livelli ridotti di Blautia nel microbiota intestinale potrebbero spiegare perché le persone depresse tendono ad avere livelli elevati di citochine e dell’infiammazione associata rispetto alla popolazione generale.
In un altro gruppo di individui, il team di ricercatori è stato in grado di identificare i pazienti con MDD sulla base dell’analisi di alcuni microbi e molecole presenti nelle loro feci, che rappresentano una “firma” microbica della depressione.
La depressione nasce nell’intestino?
È la depressione a causare l’alterazione del Microbiota o, al contrario, l’alterazione del microbiota a favorire lo sviluppo e/o l’aggravamento di patologie legate ad alterazioni dell’umore e del comportamento?
Sembrerebbero entrambe valide alternative, a seconda degli stimoli di stress e delle circostanze a cui siamo sottoposti.
La connessione e’ bi-direzionale: da un lato infatti il cervello comunica con il resto del corpo, intestino incluso, attraverso fibre efferenti, nervo vago in primis, dall’altro raccoglie informazioni mediante quelle afferenti stimolate da metaboliti e neurotrasmettitori periferici.
Le interazioni tra il microbiota e l’ospite a livello dell’intestino portano al rilascio di molecole del sistema immunitario, neurotrasmettitori e metaboliti microbici che possono influenzare i messaggi neuronali ed eventualmente regolare le funzioni cerebrali e il comportamento.
Tra le le molecole prodotte dal microbiota intestinale, la maggior parte è coinvolta nel metabolismo di molecole tra cui l’acido gamma-aminobutirrico (GABA), il principale neurotrasmettitore inibitorio del cervello umano.
L’acido gamma aminobutirrico (GABA) è un neurotrasmettitore che riduce l’attività neurale nel cervello e svolge un ruolo chiave nei disturbi d’ansia e depressione.
Diversi studi suggeriscono che l’aumento dei livelli di GABA nell’intestino umano potrebbe essere dovuto a batteri quali Bifidobacteria e Lactobacilli, che sono in grado di metabolizzare il glutammato monosodico introdotto con la dieta. Ma non è ancora chiaro se i bifidobatteri derivati dall’intestino possano produrre GABA.
La ricerca futura dovrà spostarsi da studi comparativi verso analisi dei nessi causali e andranno condotti trial su nuovi potenziali approcci terapeutici.